IL TERZO SETTORE IN ITALIA – LA RIFORMA, GLI ENTI E IL RAPPORTO CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: LA REALTÀ DI PORTA APERTA
La nostra Debora Franceschini si è da poco laureata in Economia e Diritto per le imprese e le Pubbliche amministrazioni, indirizzo Public Management, un corso di laurea magistrale della facoltà di Comunicazione ed Economia (Reggio Emilia) di Unimore, con la tesi “Il Terzo settore in Italia – La Riforma, gli enti e il rapporto con la Pubblica Amministrazione: la realtà di Porta Aperta”. Le abbiamo fatto qualche domanda sulla Riforma del Terzo Settore in corso e sugli aspetti che ha approfondito nella sua tesi.
di Laura Solieri
Cosa ti ha colpito di più dell’evoluzione del terzo settore nell’arco di tempo – dal Medioevo ad oggi – che hai analizzato?
Da un lato mi ha incuriosito vedere come la parte pubblica e la parte privata si siano per molto tempo contese la gestione delle attività di utilità sociale e solo da poco, un “poco” che per il lungo arco temporale che ho analizzato intende dalla metà del secolo scorso, abbiano iniziato a collaborare attivamente affinché il “sociale” possa essere definito oggi, di fatto, una disciplina condivisa. Ad oggi abbiamo tantissime testimonianze di come, attraverso la collaborazione e la cooperazione tra pubblico e privato, si possano raggiungere risultati molto soddisfacenti ottenendo, tra l’altro, una non trascurabile ottimizzazione delle risorse. I servizi stessi svolti da Porta Aperta, Associazione modenese per la quale lavoro da ormai oltre 3 anni, sono testimonianza di quanto l’esperienza 40ennale dell’Associazione nell’ambito dei servizi a contrasto della povertà e della grave marginalità, sia una risorsa preziosa per gli enti pubblici che con essa collaborano e che hanno necessità di intervenire sul territorio per la gestione e l’erogazione di servizi di utilità sociale.
Dall’altro lato, mi ha certamente stupito vedere, dall’Unità d’Italia in poi, quanto numerosi siano stati i tentativi (in gran parte anche fallimentari) di riordino e riorganizzazione del Terzo settore. Che all’interno del Terzo settore vi fosse necessità di introdurre una disciplina univoca e una classificazione chiara e precisa degli enti che avrebbero potuto farne parte era chiaro a tutti, ci è voluto forse più di tempo del previsto. Attualmente, nonostante tanti punti della Riforma del Terzo settore avviata nel biennio 2016-2017 siano ancora in divenire, siamo certamente sulla buona strada.
Rispetto al passato, in base ai tuoi studi, come si colloca e quali benefici porta l’attuale riforma?
All’interno del mio lavoro di tesi ho approfondito, in particolare, tre sezioni del Codice del Terzo settore, lo strumento di riferimento attuale per quanto riguarda la disciplina del Terzo settore introdotto proprio con la recente riforma. Innanzitutto ho esaminato la sezione dedicata agli enti del Terzo settore, e da qui il primo beneficio che ho potuto riscontrare: l’introduzione di una classificazione chiara e univoca delle entità facenti parte del TS, della loro disciplina e dei requisiti utili alla loro classificazione. Il secondo beneficio apportato dalla riforma, che secondo le ultime notizie troverà a breve piena attuazione, riguarda l’introduzione del RUNTS, il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, strumento cardine che andrà a sostituire tutti gli attuali registri regionali e avrà efficacia costitutiva in relazione all’acquisizione della qualifica di ETS. La terza e ultima sezione del codice che ho analizzato riguarda, invece, gli strumenti disciplinati dal codice che la Pubblica Amministrazione ha a disposizione per dialogare e collaborare con gli ETS: parliamo di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento. Anche in questo caso, viene da sé che l’introduzione di una disciplina univoca concernente questi strumenti ha certamente apportato benefici dal punto di vista delle relazioni tra parta pubblica e privata nella congiunta progettazione e successiva erogazioni dei servizi.
Hai qualche dato particolarmente significativo da richiamare in questa sede sull’entità del Terzo Settore in Italia?
All’interno della tesi ho analizzato i dati estrapolati dai censimenti ISTAT relativi alla presenza di istituzioni non profit sul nostro territorio. Certamente non mi aspettavo che il nostro Paese presentasse dei numeri così importanti: al 31 dicembre 2018 in Italia le INP attive erano 359.574, localizzate per la maggior parte nelle regioni del nord-ovest e nord-est. Il settore non profit aumenta con tassi di crescita medi annui sostanzialmente costanti nel tempo (intorno al 2%); di pari passo l’incremento dei dipendenti, pari al 3,9% tra il 2016 e il 2017, si attesta all’1,0% nel biennio 2017-2018. Un altro dato molto interessante che viene fornito dal censimento ISTAT riguarda il periodo di costituzione delle INP. Le istituzioni non profit del nostro Paese sono, infatti, relativamente giovani e caratterizzate da un marcato turnover: oltre la metà delle INP attive nel 2018 (57%) sono, infatti, state costituite dopo il 2003, e solamente l’8% presenta una data di prima costituzione antecedente al 1981. Un ulteriore elemento che consente di realizzare quanto grande e rilevante sia la dimensione del Terzo settore, prende in considerazione le risorse umane impiegate nelle istituzioni non profit per lo svolgimento delle attività di interesse generale e delle attività ad esse connesse e strumentali. Ovviamente le risorse umane operative a titolo volontario rappresentano la forma di forza lavoro più diffusa: quasi l’87% delle organizzazioni opera, infatti, impiegando solamente volontari, e della restante parte, solo una quota molto ridotta (4%) impiega più di 10 dipendenti per lo svolgimento delle proprie attività. Secondo i dati più aggiornati, nel settore non profit prestano la propria opera 5.528.760 volontari e 853.476 lavoratori dipendenti.
Cosa hai scoperto grazie alla tua tesi, che non immaginavi?
Quando ho iniziato a lavorare a Porta Aperta nel marzo 2018 conoscevo ben poco del Terzo settore e anche i miei studi magistrali erano solamente alle prime battute. In questi tre anni ho avuto la possibilità di ampliare la mia conoscenza del Terzo settore sia dal punto di vista “interno”, lavorando in Associazione, sia dal punto di vista “esterno” della parte pubblica, attraverso i miei studi. Ho cercato di strutturare il mio lavoro di tesi in modo tale che rappresentasse il punto di incontro tra i due diversi percorsi che mi hanno accompagnata negli ultimi tre anni e certamente credo che rispecchi quella che attualmente è la mia visione del Terzo settore: un vasto conglomerato di realtà, anche molto diverse tra loro, che ha probabilmente ancora tanti passi da fare per perfezionare la sua azione, ma i cui risultati credo siano già evidenti anche solo guardando ciò che realtà come Porta Aperta fanno ogni giorno per il nostro territorio.