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INNOCENTE BONFATTI

IL RAPPORTO DIRETTO CON GLI ULTIMI: IL RACCONTO DI INNOCENTE

Innocente racconta di avere un riscontro diretto sulle reali difficoltà che giornalmente le persone incontrate dalla nostra associazione devono affrontare: senza casa, senza alcun riparo dalle intemperie, senza lavoro, senza la possibilità di un’igiene personale, la fame, ecc….

“Essendo dalla società rifiutati, per loro è quasi più importante avere un dialogo con noi volontari rispetto ai viveri o alle coperte che doniamo, poichè siamo una delle poche occasioni che hanno per instaurare un rapporto interpersonale con la società cosiddetta “normale” – dice Innocente – Questo stimola tantissimo il mio impegno e cerco di aiutarli sempre di più, anche sollecitandoli ad intraprendere un percorso riabilitativo nelle strutture esistenti.

Consiglio a tutti queste esperienze, in quanto si dona poco (2/3 ore del proprio tempo libero che, siccome queste attività si svolgono nelle ore serali, non condizionano gli impegni giornalieri) ma si riceve tanto, perché comunque riescono a trasmetterti molta umanità. Inoltre, diversamente dal comune pensiero, sono attività assolutamente non pericolose per la nostra sicurezza e salute: la nostra presenza è sempre molto gradita, attesa e rispettata.

Anche Renata (mia moglie), notando il mio entusiasmo quando ritorno dal servizio, ha voluto provare ad aggregarsi, e ne è rimasta coinvolta.

Il concetto di accoglienza, per come la vedo io, lo suddivido in due aspetti – conclude Innocente – Relativamente agli immigrati, penso che il mondo occidentale, dopo essersi impossessato delle loro risorse naturali quasi a costo zero, abbia il dovere di promuovere quelle attività (sanità, scuole, lavoro, ecc…) atte a migliorare le condizioni di vita nelle società del “terzo mondo”. In un paese occidentale non si trovano a loro agio a causa dell’enorme differenza culturale e stile di vita. Sono costretti a trasferirsi per le proibitive condizioni di esistenza nel loro paese d’origine (guerre, povertà, fame, ecc…), potendo scegliere, preferirebbero rimanere nei luoghi dove sono nati, cresciuti ed educati, in condizioni umanamente accettabili. Se si riuscisse a realizzare tutto questo, loro starebbero meglio, ci sarebbero meno conflitti ed il mondo occidentale non sarebbe costretto a subire tutte quelle incomprensioni derivate dalla convivenza tra noi e loro. Contemporaneamente però è fondamentale promuovere uno scambio culturale tra i popoli, poiché la diversità aiuta tutti a crescere. Per quanto riguarda le persone senza fissa dimora e gli immigrati presenti nel nostro paese, in particolare, non è sufficiente dargli da mangiare, ritengo che una società si distingua anche nella sua capacità di riuscire a trasformare questo problema in una risorsa, cioè coinvolgerli maggiormente in un percorso educativo costituito da assistenza psicologica, scuola, lavoro (cosa che Porta Aperta già fa): alla fine di questo percorso, molti di loro, se aiutati tempestivamente, sarebbero in grado di reinserirsi nella società e dare il loro contributo. Giustamente facciamo tanto per proteggere gli animali e la natura, ma troppo poco per aiutare i nostri simili in difficoltà”.

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