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Filippo

Filippo tutte le volte che viene in mensa a Porta Aperta stringe sotto il braccio un vocabolario. Di italiano. Filippo è toscano, nato e cresciuto in Italia, 49 anni, diploma di terza media, conosce la nostra lingua perfettamente, eppure gli piace portarsi appresso un vocabolario, vecchio e un po’ sgualcito, e pieno della musicalità delle nostre parole.
Mentre è in fila per la cena, se ha poca voglia di parlare con gli altri che aspettano con lui, apre una pagina a caso e si immerge nella lettura della nostra lingua madre, alla scoperta o riscoperta dei vocaboli che ogni giorno usiamo per parlare, raccontare, costruirci un’identità, fortificare la memoria.
“E’ un ottimo libro, sai, il vocabolario? – dice a un certo punto Filippo – Mi passo il tempo bene a sfogliarlo ed è l’unico che porto con me: ho poco e niente, ma le parole così non mi mancano” sorride, amaro. Ed elenca quelle che meglio descrivono il suo recente passato: freddo, sporcizia, solitudine, fame, tristezza. “Nel vocabolario, le trovi tutte!” assicura Filippo tristemente.
Alla domanda qual è la parola che meglio descrive il suo presente di ospite a Porta Aperta, Filippo risponde: “tregua”. E aggiunge con un po’ di sollievo nella voce: “E poi si vedrà”.
Qui a Porta Aperta, Filippo può appoggiare il suo vocabolario sul tavolo, sfogliarlo con calma al fianco di qualcuno, scegliere con cura le prossime parole da mettere in fila, per una frase più lunga, a costruire un progetto migliore per lui. E poi, si vedrà.

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